Mar 242005
 

Tutti (a meno che non viviate in qualche sperduta isola della Polinesia) avrete sentito parlare della vicenda di Terri Schiavo, e della battaglia legale che si è scatenata fra “pro” e “cons” la decisione del marito di lasciarla spegnere dopo 15 anni di agonia.
I genitori vorrebbero tenerla ancora in vita, il marito invece vorrebbe porre fine a questa “non vita” (è come un vegetale, da 15 anni…).
Per lei si sono mossi avvocati, tribunali, la Corte Suprema, persino il caro Giorgio (che invece di pensare alla vita dei suoi soldati che ogni giorno muoiono a decine in Iraq, si accanisce per prolungare quella di Terri).

Sono stato lungamente indeciso se parlarne o meno…
Oggi ho deciso di farlo, e per esprimere la mia opinione.
Opinione secca, assoluta (e che vorrei fosse applicata al sottoscritto, se mai dovessi trovarmi nella stessa situazione): io mi sarei comportato come il marito… avrei deciso di “staccare la spina”.
Trovo assolutamente ingiusto, sbagliato e crudele (si, per me il comportamento dei genitori di Terri è crudele) voler continuare a far soffrire una persona che da 15 anni non ha più ragioni di vita.
Dopo i primi anni si perde la speranza (ed infatti il marito si è fatto un’altra vita), ed ora è giusto (per me) che la povera Terri riposi in pace.
Prendere una decisione come quella presa dal marito di Terri deve essere difficile. Molto difficile. Ed estremamente doloroso.

Non sono a favore dell’eutanasia “indiscriminata”, per ogni caso.
Ma NON sono assolutamente favorevole ad un accanimento terapeutico (ed ancor di più “legale” e mediatico) come questo.
E’ vero… un genitore vorrebbe avere sempre il proprio figlio vicino, ma… la loro figlia loro non ce l’hanno più vicina da 15 anni.
Ed allora… lasciatela andare… non fatela continuare a soffrire…

Qualche giorno fa ne parlavo con mio padre.
Lui ha detto (presente mia madre, e parole testuali): “Se dovesse succedere a me, staccate la spina”.
Mia madre gli ha risposto: “Io non lo farò”.
Mio padre si è rivolto a me ed ha detto: “Allora fallo tu”.
Gli ho risposto: “Non so se ci riuscirei, ma non ti farei soffrire così, per così tanto tempo”.

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